27/03/11

Democrazia d'Occidente. Democrazia d'Oriente

Una serie di lettere mi è stata pubblicata sul settimanale left che, evidentemente, le ha trovate interessanti. Intanto ringrazio, poi le raccolgo qui aggiungendo anche due righe per spiegare meglio il mio pensiero sui recenti sommovimenti nel mondo arabo...

Queste sono le lettere:

Esportare democrazia
Non intervenire, non dire, non protestare equivale a massacrare. Abbiamo esportato la ‘nostra’ democrazia in Iraq e in Afghanistan causando decine di migliaia di morti. Non potremmo ora mandare l'esercito in Libia a proteggere la ‘loro’ democrazia causando decine di migliaia di vite salvate ?  E poi tornarcene a casa, per una volta, con la coscienza pulita ?
(24.02.2011 – pubblicata sul n. 9/2011 di left)
 
Pacifisti e pacifinti
Se fosse stata Israele a fare la metà dei morti che sta facendo Gheddafi, le manifestazioni di protesta ci sarebbero state eccome. Dal momento che solo la sinistra, storicamente, scende in piazza a protestare (la destra è troppo occupata a fare soldi, intrallazzi, traffico di escort e genuflessioni al papa), questo è evidentemente un problema della sinistra. Quindi si impone la domanda: la sinistra è a favore di dittatori e massacratori dei propri popoli (cioè è tuttora antidemocratica) oppure è "solo" antiisraeliana (dove il "solo" indica un trattamento specifico, cioè una mentalità banalmente antisemita) ? In entrambi i casi mi pare che ci sia molto su cui riflettere, non tanto sulle persone che, ne sono sicuro, trovano orrore per i massacri chiunque li pratichi, quanto sull' ideologia di tipo terzomondista che ancora sopravvive sotto sotto: gli unici nemici sono americani e sionisti, gli imperialisti-colonialisti, sugli "altri" si può sempre chiudere almeno un occhio, anche se fanno uno sterminio. Triste essere di sinistra e dover ammettere che tra 'pacifisti' e 'pacifinti' c'è solo una lettera di differenza.
(09.03.2011 – pubblicata sul n. 10/2011 di left)

Pacifismo e sinistra
All'interno della sinistra si è aperto un dibattito acceso pro e contro l'intervento militare in Libia. Vedi il caso Rossanda-Parlato. In particolare le voci contrarie ora si sentono molto più di quanto non si sentissero fino a che era Gheddafi a picchiare duro. Questo, di nuovo, mi suona molto strano; fino a che sono i dittatori del terzo mondo africano o asiatico a compiere stragi a nessuno importa granché. Quando interviene l'Occidente invece molti si inalberano (beninteso spesso a ragione). Mi chiedo se l'unica cosa che interessi è che l'occidente di cui siamo parte non si sporchi le mani, cioè che la 'nostra' coscienza si senta a posto. Poi se "loro", gli altri, si ammazzano l'un l'altro - in fondo in fondo - non ce ne importa proprio niente (Radicali a parte). Il pacifismo a senso unico allora non sarebbe altro che menefreghismo allo stato puro, fortemente venato di striature razziste. Mi sbaglio ?
(22.03.2011 – pubblicata sul n. 12/2011 di left)

I nuovi arabi e noi
A proposito di Libia e affini, oggi si parla, alternativamente, sia di "pericolo islamico" che di "risorgimento arabo", ipotizzando o una radicale avversione o una banale ripetizione della democrazia di stampo occidentale. In entrambi i casi il punto di vista dei commentatori sembra essere eurocentrico: o sono "contro" di noi o sono "come" noi. Ciò che è avvenuto in Occidente con la presa della Bastiglia costituisce la cartina di tornasole di ogni giudizio. Ma potrebbe anche verificarsi il caso che una cultura diversa dalla nostra sia in grado di rifiutare la violenza rabbiosa del terrorismo e contemporaneamente di immaginare un sistema sociale nuovo e capace di garantire diritti civili, libertà individuali e sviluppo, senza necessariamente percorrere la nostra stessa strada. In fondo le colonne portanti del pensiero islamico sono ben diverse da quelle della cristianità; forse di questo si dovrebbe tenere conto. I giovani arabi potrebbero cioè sorprenderci, proprio per queste differenze di fondo, elaborando un proprio sviluppo originale cui guardare con curiosità e interesse (sempreché dittatori o petrolieri glielo lascino fare...).
(25.03.2011)
...


L'ultima lettera non è ancora stata pubblicata e, ovviamente, non so se lo sarà; ma è quella a cui tengo di più perché aggiunge un tentativo di ragionamento alle prime tre che sono venute di getto, derivate da una forte irritazione di fronte alla violentissima repressione messa in atto da Gheddafi e dal silenzio opprimente della sinistra pacifista che, non a caso, si è sentita non appena l'Occidente si è mosso.
Non sono un ingenuo e ho chiaro che molti, soprattutto la Francia, hanno motivazioni poco limpide, ma chissenefrega delle loro motivazioni se questo serve a bloccare uno dei più cinici e spietati dittatori del mondo causa, fra l'altro, di una serie di attentati sanguinosi a spese dei civili europei.

Le 'motivazioni degli occidentali' (il petrolio) sono invece le argomentazioni che spingono verso il non intervento alcune forze della sinistra. Curiosamente un articolo di Valentino Parlato sul Manifesto (1) finisce così: "Non sappiamo come si regolerà tra i potenti la sconfitta di Gheddafi, ma una cosa almeno per noi italiani sembra certa: dopo cento anni dalla conquista della Libia (Giolitti presidente del consiglio) l'Eni rischia di essere messo fuori o, almeno, di non godere più degli attuali privilegi. Siamo al punto nel quale forse dovremo rimpiangere Gheddafi". 

Finisce con l'ipotesi di 'dover rimpiangere Gheddafi' per il rischio di perdere gli attuali privilegi petroliferi. Cioè esprimendosi contro l'intervento a favore dei ribelli libici in nome di un particolare interesse italiano per il petrolio.

Con Parlato si confronta Rossana Rossanda, sullo stesso quotidiano: "Al Manifesto non riesce di dire che la Libia di Gheddafi non è né una democrazia né uno stato progressista, e che il tentativo di rivolta in corso si oppone a un clan familiare del quale si augura la caduta (...) Chi, se non noi, deve divincolarsi dal dilemma o ti lasci bombardare o di fatto chiami a una terza «guerra umanitaria», giacché gli Usa non desidererebbero altro? Sembra che la capacità di ragionare ci sia venuta meno (...) C'è un'area enorme che si dibatte in una sua difficile, acerba emancipazione, che ha bisogno di darsi un progetto - non dico che dovremmo organizzare delle Brigate Internazionali, ma mi impressiona che nessuno abbia voglia di offrire a questo popolo un aiuto. Ricordate le corse giovanili degli anni sessantotto e settanta a Parigi, a Lisbona, a Madrid e a Barcellona? Dall'altra parte del Mediterraneo non ha fretta di andar nessuno, salvo i tour operator impazienti che finisca presto. Almeno su a chi dare simpatie e incoraggiamento non dovremmo esitare. Non noi".

Condivido.
Nelle mie tre lettere ad oggi pubblicate, sostengo proprio questo. Ed aggiungo espressioni più crude. La sinistra non è pacifista, ma diventa pacifista quando a guerreggiare sono l'Occidente e/o Israele che evidentemente fa parte del mondo occidentale. Siamo all'anti-imperialismo o anti-colonialismo di facciata (dico di facciata perchè non ho mai visto manifestazioni pacifiste contro Russia e Cina che un po' imperialiste mi sembrano, né contro uno qualunque dei paesi islamici dove i ‘diritti civili’ sono quantomai evanescenti); si pretende solo che l'Occidente abbia le mani pulite. Niente in contrario, ovviamente, ma se non è l'Occidente a fare danni scende un imbarazzante silenzio che sa tanto di cinico menefreghismo. Allora dobbiamo dedurre che l'unica cosa che interessa è la propria coscienza, non la vita o, tantomeno, la libertà altrui. E questo a me suona come mentalità semplicemente razzista.

Se poi è Israele a colpire il Libano o Gaza allora non c'è alcuna possibilità di discussione (del tipo: ma vi ricordate che la guerra in Libano è iniziata perchè dieci soldati israeliani sono stati uccisi da hezbollah infiltrati in territorio israeliano ? ma vi ricordate che da Gaza, nelle settimane precedenti la guerra, venivano sparati mediamente 30 missili al giorno contro le cittadine israeliane ? non vi pare che questi siano atti di guerra ? parlate di assedio israeliano di Gaza, ma ve lo ricordate che il confine sud è tenuto chiuso dagli egiziani ? ma non si può ipotizzare che a tenere aperto il conflitto siano volontà esterne ai palestinesi ?). L'attenzione verso Israele e quello che fa è spasmodica, ossessiva. Se un centesimo dell'attenzione pubblica sistematicamente focalizzata su Israele fosse stata dedicata al Darfur o al Ruanda o anche solo al malcontento esistente nei paesi islamici...  per questo parlo esplicitamente di antisemitismo, non di antisionismo.


Nell'ultima lettera aggiungo una riflessione che mi sembra un po' meno intrisa di polemica e un po' più "teorica" (o almeno, così vorrebbe).
Anche in questo caso parto da un articolo del Manifesto (3) a firma di Giuliana Sgrena: "L'8 marzo scorso ero a Tunisi con le donne protagoniste della rivoluzione dei gelsomini. Stavano programmando la campagna per la promozione dell'uguaglianza di genere nella Costituzione, oltre alla separazione tra stato e religione. Una di loro, Sana ben Achour, mi ha detto: «Se la nostra rivoluzione non violenta, nata dal basso, senza ideologie, senza leader carismatici, avrà successo sarà un esempio non solo per i paesi arabi ma per tutto il mondo». Un'affermazione sull'onda dell'entusiasmo rivoluzionario, ho pensato allora. Ma ripensandoci ora ritengo che avesse proprio ragione"

Ripensandoci dopo la Sgrena ha invece perso il filo e si è dilungata su pacifismo-interventismo, rivoluzione armata o disarmata eccetera. Mettendo sempre in primo piano quello che noi dovremmo fare, quello che i pacifisti dovrebbero esporre alle finestre e così via. Non ha còlto invece il punto: uguaglianza di genere e separazione tra stato e religione in uno stato non occidentale. 

Sono questi i temi che donne arabe e islamiche stavano elaborando, consapevoli, sembrerebbe, della portata storica e universale del loro movimento. Possibile che a nessuno venga in mente che questi sono due fra i temi centrali della nascita e sviluppo delle democrazie occidentali, ma che, oggi, non vengono affrontati da europei (cioè persone di cultura giudaico-cristiano-greco-razionalistica-illuministica) bensì da islamici ?!

Possibile che a nessuno venga in mente che i pilastri fondamentali su cui si fondano le culture europea e araba sono radicalmente diversi e che, quindi, questi sono temi che - anche se hanno il titolo uguale - saranno trattati in modo differente, perchè diverse sono le basi teoriche con cui vengono affrontati ?

Con la mia ultima lettera cerco di chirarire (e chiarirmi) meglio proprio questo: è importante intervenire perchè le donne e gli uomini arabi abbiano la possibilità di liberarsi dal retaggio tribale (e spesso post-coloniale o post-guerrafredda o semplicemente medievale) dei vari colonnelli (o monarchi o despoti o preti di vario colore) per poter elaborare un concetto di democrazia (libertà di espressione, libertà individuali, diritti civili, parità di genere, sviluppo economico eccetera) in un contesto globalmente diverso, culturalmente diverso,  da quello che ha costituito le basi della civiltà europea. 

La nostra democrazia si fonda sulle tre parole della Rivoluzione francese: Liberté, Egalité, Fraternité (4). Oggi si getta la maschera (5) e gli Accademici di Francia si abbracciano con Papa Benedetto, mentre gli psicanalisti freudiani affermano che "l'uomo ha bisogno di credere" (sic! fare analisi con un freudiano vuol dire cercare in sé l'anima ?!). Sistema capitalistico (con il suo corollario di pensiero illuminista più o meno materialista) e cultura cristiana sono stati i tratti fondamentali su cui è cresciuta e si è formata la nostra società. 

"Poi, dopo anni, lessi che Hegel scriveva che la società borghese aveva, consona e armonica con se stessa, la religione giudaico-cristiana; a me vengono le parole...come anima naturale del capitalismo... che ha fatto scienza e tecnica" (6).

Resta l'ipotesi che nel mondo islamico - mancando nella sua storia illuminismo e cristianesimo -  possa essere elaborato un altro modo di essere democratici. 

Sempreché i dittatori non risorgano sotto altre spoglie, sempreché i padroni dell'economia petrolifera non impongano il loro potere, sempreché i signori della guerra non impongano lo scontro di civiltà, sempreché i preti di ogni colore non impongano i loro credo, sempreché... 

Uno strettissimo passaggio fra una storia di imitazione dell'occidente e una di regresso nelle pieghe dell'oscurantismo o della violenza omicida-suicida, lascia intravedere una vaghissima possibilità che nasca qualcosa di nuovo dal valore universale. 

Importante per loro, importante per noi.



marzo 2011



 Note

1) Il Manifesto, 20.03.2011
La versione completa è qui http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2011/mese/03/articolo/4332/ 
2) Il Manifesto, 09.03.2011
 http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2011/mese/03/articolo/4279/ 
3) Il Manifesto, 26.03.2011
http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2011/mese/03/articolo/4357/
4) E' interessante notare che il settimanale left che mi ha dedicato attenzione ha un nome inglese che significa 'sinistra', ma che è anche un acronimo che racchiude le prime lettere simbolo della rivoluzione francese (L-E-F) cui è stata aggiunta la lettera iniziale della parola Trasformazione. Si legga "Left è una parola dai molti significati" qui http://www.avvenimentionline.it/content/view/12/49/
5) Corriere della sera, 25.03.2011, Fede e umanesimo laico dialogano grazie a Freud.
http://archiviostorico.corriere.it/2011/marzo/25/Fede_umanesimo_laico_dialogano_grazie_co_9_110325054.shtml
6) “Marx, una memoria senza coscienza” di Massimo Fagioli su left n. 24/2008, 13 giugno 2008 (personalmente non ritengo che "cultura giudaico-cristiana" sia equivalente a "cultura ebraica", ma questo è un altro discorso).


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