20/06/14

La Bibbia svelata


«Un’interpretazione falsata ha fatto del libro un testo religioso. Ma era in realtà un progetto antropologico, più che una riflessione teologica». Parola dello studioso Carlo Enzo, per lunghi anni docente di Scienze bibliche e di Filosofia medievale.
 
“Riesce difficile comprendere come milioni di italiani si sentano cristiani senza conoscere le sacre scritture”. Sono le parole di un lettore, pubblicate sulla Gazzetta del Mezzogiorno pochi giorni fa. Anche La Repubblica è intervenuta sul tema con l’articolo “La Bibbia smentita dagli archeologi” e con un intervento di Guido Ceronetti, “Non cercate la storia leggendo la Bibbia”. Vengono riportate le parole tranchant dell’archeologo israeliano Zeev Herzog: le Scritture sono «ricostruzioni teologiche prive di qualsiasi base fattuale». Sono dichiarazioni che lo studioso Herzog rilasciò al quotidiano israeliano Haaretz ben quindici anni fa. E anche il fatto che vengano rilanciate oggi indica l’interesse, piuttosto conflittuale, che la cultura contemporanea ha verso la Bibbia.

Non è stato invece interpellato, vittima di un ostracismo più che quarantennale, un raffinatissimo esegeta “controcorrente”, il professor Carlo Enzo, formatosi presso il Pontificio Istituto Biblico e docente per anni di Scienze Bibliche e di Filosofia medievale. Uno studioso che ha denunciato la falsificazione in senso religioso della Bibbia, non in quello della storia che, al più, ha le prevedibili valenze del mito, come gli storici dicono ormai da tempo. A lui allora diamo la parola, dopo che ci ha accolto, con grande cordialità, nella sua piccola casa nel cuore di Venezia.
 

Professore che cosa è dunque la Bibbia ? «Non è affatto un testo religioso, bensì un testo storico; che diventa religioso solo quando è letto con occhi e mentalità religiosi», risponde Carlo Enzo con pacata determinazione. Qui sta, in sintesi, la vera “alterazione” interpretativa del testo che parla in realtà, secondo il biblista, di un progetto antropologico, non di una rivelazione divina. Perché il termine ebraico elohim, che è sempre stato tradotto con “Dio”, non indica affatto il Dio unico, assoluto e trascendente della teologia, ma, molto più umanamente, «quel “trascendente” che è in tutti noi: indica quella realtà dei pensieri, della volontà, della progettualità, della mente oltre la pura e semplice materialità del nostro corpo».
 

Ma, se non c’è il Dio trascendente, non c’è alcun creazionismo e non esiste monoteismo nelle Scritture ? «Esatto, il monoteismo si forma negli ambiti della filosofia e della teologia, estranei alla mentalità biblica» dice Enzo. «E l’elohim non crea, tantomeno crea “dal nulla”, piuttosto progetta di far emergere dall’esistente un nuovo modo di vivere, un uomo nuovo, l’adam, capace di sollevarsi dalla polvere dell’inesistenza, cercando in sé livelli più alti di realizzazione umana e coltivando quella dimensione di intima recettività che viene definita ‘adamah, la terra rossa. E elohim non è il dio, theos, ma l’essenza di un uomo, di un collettivo, lo “spirito” di un popolo, dove ogni popolo ha il suo elohim».
 

Per comprendere il puntigliosissimo lavoro di ricerca di Carlo Enzo, sono utili anche le parole di Haim Baharier: «quando una parola ha dieci significati, quanto discernimento ci vorrà per ritrovare il significato di quella parola nel suo contesto !». Discernimento che il professor Enzo ha avuto nell’affrontare il testo biblico utilizzando il midrash, l’analisi testuale della tradizione ebraica, per mettere in luce il significato più profondo dei termini originali.
 

Di chi è la responsabilità, quindi, se oggi leggiamo la Bibbia come libro religioso? «Della teologia e della filosofia, da cui la teologia ha attinto», ci risponde; in particolare «della metafisica greca e della cosmologia tolemaica»: la terra è al centro dell’universo e l’uomo al centro del creato perché così ha voluto Dio; ma naturalmente conosciamo la verità fin da Copernico e Galileo: la terra non è che una piccola sfera di materia fra gli “infiniti mondi” di Giordano Bruno, con cui Carlo Enzo si ferma a “dialogare” affettuosamente ogni volta che passa da Roma.
 

Adamo quindi non è il primo uomo, creato da Dio e poi punito e costretto al duro lavoro quotidiano per la trasgressione che conosciamo come “peccato originale” ? «Non c’è alcun peccato originale nel libro della Genesi, il testo è chiaro, ma questa è stata l’interpretazione della Chiesa primitiva»; Carlo Enzo è perentorio nell’escludere qualsiasi traccia, nel testo biblico, di quella colpa di origine che ha permeato di sé non solo la teologia ma anche l’intera tradizione culturale dell’occidente cristianizzato: «Nell’utopia messianica biblica l’uomo, cui è rivolta la proposta di vita felice, non parte ferito da una colpa originale, oppure se colpa c’è stata, essa non ha compromesso tutto l’uomo, in quella cristiana invece tutto l’uomo parte ferito e terrorizzato dalla colpa originale e dalle sue conseguenze».
 

Oggi anche la maggior parte degli esegeti cristiani, in una lettura più attenta al testo ebraico, concorda con la lettura di Carlo Enzo. Così ad esempio il gesuita belga Jean Louis Ska, docente di Esegesi biblica dell’Antico Testamento, in un recente incontro all’Istituto Stensen di Firenze nell’ambito del ciclo di conferenze “Soma, Psiche, Pneuma”: «Rileggendo i testi biblici, mi dico che si parla per la prima volta di un peccato originale nella Lettera ai Romani di San Paolo... il testo della Genesi è un testo che non spiega la caduta di tutta l’umanità».
 

Ma, nonostante l’opinione degli esegeti, il catechismo della Chiesa cattolica tuttora insegna ai bambini che in loro c’è, dalla nascita, una mancanza, una naturale peccaminosità; instillando nelle fragili identità in via di formazione l’idea di avere, in sé, chissà quale mostro. Questa contraddizione indica forse che la Chiesa fatica ad elaborare una nuova antropologia, dovendo abbandonare l’architettura salvifica del Cristo morto e risorto per redimere l’umanità da un peccato che essa stessa oggi dice inesistente. Strategia concettuale che (ne ha parlato Gianfranco De Simone su left) sembra incamminarsi verso un preoccupante heideggerismo di ritorno, proprio nel momento in cui lo spietato antisemitismo e l’adesione al nazismo del filosofo tedesco sembrano ormai dimostrati al di là di ogni ragionevole dubbio. E Carlo Enzo ci mette in guardia sul fatto che «Heidegger risente fortemente di teologia cattolica».
 

In realtà nella nascita umana - cito la teorizzazione di Massimo Fagioli - non c’è alcun vuoto, alcuna mancanza, alcuna originaria perversione. L’uomo può invece determinare in sé quel nulla quando esplica, patologicamente, quella pulsione di annullamento che crede onnipotente e che, storicamente, ha dato origine alla credenza in una onnipotenza definita “divina”, trascendente ed esterna all’essere umano.
 

Della lettura distorta e incentrata sulla colpa della Scrittura, la donna ha subìto le prime conseguenze, ci avverte ancora il professor Enzo; accusata ingiustamente di aver traviato il povero Adamo e di essere perciò, secondo la patristica, la “porta del diavolo”.
Ma il testo biblico parla invece, secondo Carlo Enzo, della donna che è «posta davanti» all’uomo. Davanti, «dove stanno le guide, i maestri da seguire. Ed è bene che la donna stia davanti per guidare gli uomini. Che sono un po’ pieni di boria, ma incapaci di vivere come vive la donna». Parola di biblista.

Pubblicato su left n. 22 - 14 giugno 2014




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